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ABBIAMO MOLTO DA IMPARARE DALLE SOCIETÀ TRIBALI

A cura di Micaela Munno

Vivono isolate dal resto del mondo, lontanissime dalla “civiltà occidentale”, non litigano, non abbandonano la famiglia, si divertono e sanno socializzare. Come dire: sanno vivere meglio di noi!

Il mondo degli indigeni rappresenta circa il 6 per cento della popolazione mondiale, è composto da 370 milioni di persone appartenenti a 5000 etnie diverse, di cui 150milioni appartenenti a popoli tribali, distribuiti in 70 Paesi su 5 continenti.
I popoli più numerosi sono: i Quechua, 10 milioni di persone che vivono tra il Perù, la Bolivia, l’Ecuador; iNahuati, 5 milioni di persone che vivono in Messico; gli Aymara, 2 milioni di persone che vivono tra il Perù e la Bolivia.
I meno numerosi vivono tutti in Brasile : l’ ”Uomo della buca”, una sola persona; gli Akuntsu, 5 persone; iPiripkura, 10 persone; i Kawahiva, 50 persone circa; gli Awà, 360 persone.
Esistono, inoltre, oltre 100 popoli mai contattati in ogni angolo della Terra.

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Un rapporto singolare con la natura

“ La terra è nostra Madre, e se ci atterremo alle sue leggi, lei avrà cura di noi”

I sistemi di valori di molte popolazioni indigene si basano su un rapporto stretto con l’ambiente in cui vivono, che conferisce loro un ruolo particolare nella tutela delle risorse naturali e della biodiversità. Giocano un ruolo chiave nella salvaguardia della natura, le loro economie di sussistenza si basano su conoscenze e valori di conservazione.

Hanno acquistato una capacità unica di comprendere profondamente le caratteristiche dell’ambiente che li circonda, sono capaci di conoscere più di 450 specie animali e distinguere oltre 1500 tipi di piante.

I territori in cui risiedono hanno spesso un notevole potenziale economico come fonti d’acqua, legname, piante medicinali, cibi organici e altri prodotti. I gruppi rappresentati dalle popolazioni indigene possono essere molto diversi per tradizioni e condizioni di vita, ma sono tutti determinati a tutelare il proprio patrimonio culturale unico e originale.

Il mondo degli indigeni

Yanomami
Vivono in Brasile in una delle tribù più numerose. Gli Yanomami sono divisi in comunità che arrivano a contare anche 400 individui. Ogni comunità è indipendente dalle altre, non esistono capi e le mansioni sono divise in base al sesso. Questa popolazione utilizza in totale 500 tipi diversi di piante per nutrirsi, curarsi, costruire utensilie abitazioni e, visto che il suolo amazzonico non è molto fertile, ogni due o tre anni abbandonano il loro villaggio per aprirne uno nuovo in una zona vergine.

Enawe Nawe
Sempre nell’amazzonia brasiliana vivono gli Enawe Nawe, il popolo che non mangia carne rossa ed è attento a mantenere un equilibrio con la natura e il loro mondo degli spiriti.
L’intera tribù vive in un villaggio unico, in grandi case comunitarie che ospitano fino a 50 persone l’una. La loro vita spirituale ruota attorno ai rituali della pesca che si svolgono durante il corso dell’anno, secondo l’alternarsi delle stagioni umide e secche.

Zò’è
Gli Zò’è sono una piccola tribù isolata che vive nella foresta amazzonica, al nord del Brasile. Amano moltissimo gli alberi delle noci brasiliane. Spesso insediano le loro comunità vicino a questi alberi che oltre a rappresentare una ricca fonte di cibo permettono agli Zò’è di realizzare braccialetti ( i gusci) e amache ( le fibre del guscio). Sono circondati da grandi orti in cui crescono manioca, peperoni, banane e altri tipi di frutta e verdura. Coltivano il cotone, utilizzato per realizzare ornamenti e amache, per legare le punte delle frecce e per tessere i marsupi a fascia con cui trasportano i bambini. Nella società Zò’è regna l’uguaglianza, non ci sono capi. Gli uomini sono abilissimi cacciatori.

Nukak
Vivono tra i fiumi Guaviare e Inirida, nella Colombia sud orientale. Vivono tradizionalmente in piccoli gruppi composti da un massimo di persone nelle parti più remote e fitte della foresta. Si spostano in continuazione non restano mai in uno stesso posto per più di pochi giorni. Mangiano pesce, selvaggina, tartarughe, frutta, verdura, noci, insetti e miele. Gli uomini cacciano con le cerbottane.

Masai
Vivono in Tanzania, sebbene il loro stile di vita fosse basato sull’allevamento del bestiame, alimenti preferiti sono latte e carne, oggi hanno bisogno di praticare anche l’agricoltura.
La società masai è organizzata per gruppi di età maschili, i cui membri vengono iniziati a diventare guerrieri e successivamente anziani. Non hanno capi, ma ogni gruppo ha un Laibon di riferimento, una sua guida spirituale.

Jumma
Sono abitanti originari delle Chittagong Hill Tracts, e sono etnicamente, culturalmente e linguisticamente distinte dal resto della popolazione del Bangladesh.
Le tribù praticano l’agricoltura a rotazione per utilizzare al meglio le risorse del terreno. Questo metodo di coltivazione è conosciuto come “ Juhm”, da cui il nome collettivo Jumma assegnato alle tribù.

Pericoli in cui incorrono

La terra ha un profondo significato spirituale per molte popolazioni indigene ed è essenziale per la loro sopravvivenza.
Molto spesso però a queste popolazioni viene sottratta la terra per realizzare progetti a beneficio altrui, costringendole a spostarsi con l’arrivo di persone esterne che vengono a espropriare e sfruttare le foreste, le riserve minerarie e il patrimonio idrico del luogo.
Piacevole avere in casa il salottino firmato Le Fablier, assaporare l’hamburger di noti fast- food, come Mc Donald, indossare i morbidissimi capi Loro Piana o semplicemente trascorrere una bellissima giornata al parco.
Ma per fare spazio a ciò è stato necessario abbattere alberi, nutrire i bovini con grano, frumento e quant’altro offre la terra, uccidere altrettanti animali e sfollare milioni di indigeni,che hanno iniziato a trascinare le loro vite oltre la soglia della disperazione, emarginati anche dagli slum delle megalopolis tropicali.

Impariamo da loro

“ Il tempo che trascorriamo sulla terra è molto breve, per questo dobbiamo lasciarla intatta” (Masai)

La società occidentale ha molto da imparare dalle società tribali. I popoli primitivi, infatti, trasmettono importanti lezioni in termini di processi, di modalità di produzione, consumo e di vita. Le popolazioni indigene amano passare molto tempo con la loro famiglia, socializzare e sono spesso molto felici nonostante non hanno denaro e non godono dei confort della civiltà.
Non conoscono la tecnologia, il commercio, la finanza, la politica. Tutto ciò di cui hanno bisogno lo ricavano dalle loro terre, riutilizzano tutto non generano scarti e rifiuti, fanno uso rispettoso delle risorse dell’ambiente. I bambini iniziano, fin da subito, ad acquisire competenze utili per la loro sopravvivenza, i loro “ giochi ” riflettono spesso la caccia, la raccolta, la pesca. Essendo essi fautori dei benefici della cooperazione e della reciprocità, dal loro mondo possiamo trarre, dunque, vantaggi per l’organizzazione del nostro lavoro e della nostra vita.

“Se pensiamo che il nostro obiettivo qui, in questo nostro rapido passaggio sulla terra, sia di accumulare ricchezze allora non abbiamo niente da imparare dagli Indios.
Ma se crediamo che l’ideale sia l’equilibrio dell’uomo all’interno della sua famiglia e della sua comunità allora gli Indios hanno lezioni straordinarie da darci.”
(Orlando Villas Boas)

Per approfondimenti: Survival for tribal peoples

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